13/05/13

Emily Dickinson e il suo “teatro naturale”.

Da “Il giardino della mente” (contenuto nel saggio introduttivo di M. Bulgheroni in: Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori 1997).
Negli anni della sua grande produzione poetica (1860-1865), per E.D. , che vive rinchiusa tra le pareti domestiche, l’osservazione della natura dalla finestra della sua stanza diventa fondamentale. E, per “Natura”, si intende il giardino della casa paterna. Questo piccolo luogo si amplifica e diventa scenario simbolico, gli elementi naturali, piante, piccoli animali, i fiori, il cielo, i monti in lontananza divengono oggetto di una osservazione profonda e meticolosa e di una attenzione che dà origine a elaborazioni visionarie, oniriche. Ogni componente di questo “teatro naturale” viene definito minuziosamente e trasfigurato in spettacolo. Piccoli animali, insetti, topi, serpi, moscerini, divengono protagonisti di storie o attori di drammatizzazioni (605, ragno; 211, 213, 214, api). 
La poetessa riflette poi su aspetti imperscrutabili della natura (es. l’essenza del fiore, 1058). Il bestiario di E. D., oltre che di animali simbolici come appunto l’ape, simbolo di laboriosità, il ragno (l’artefice, la donna), il topo e la serpe (l’oscurità), si compone anche di creature fiabesche come elfi, folletti, sirene, angeli. Presenti anche molti esemplari di volatili dell’ornitologia americana, rintracciabili nell’opera del naturalista e pittore Audubon: la ghiandaia, il pettirosso, la civetta, il caprimulgo. Due liriche bellissime che includono questo tema sono la 182 (pettirossi) e la 128. Vedi anche la 161 (caprimulgo).

Carla Combatti

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