Da “Il
giardino della mente” (contenuto nel saggio introduttivo di M.
Bulgheroni in: Emily Dickinson, Tutte le
poesie, Mondadori 1997).
Negli anni
della sua grande produzione poetica (1860-1865), per E.D. , che vive
rinchiusa tra le pareti domestiche, l’osservazione della natura
dalla finestra della sua stanza diventa fondamentale. E, per
“Natura”, si intende il giardino della casa paterna. Questo
piccolo luogo si amplifica e diventa scenario simbolico, gli elementi
naturali, piante, piccoli animali, i fiori, il cielo, i monti in
lontananza divengono oggetto di una osservazione profonda e
meticolosa e di una attenzione che dà origine a elaborazioni
visionarie, oniriche. Ogni componente di questo “teatro naturale”
viene definito minuziosamente e trasfigurato in spettacolo. Piccoli
animali, insetti, topi, serpi, moscerini, divengono protagonisti di
storie o attori di drammatizzazioni (605, ragno; 211, 213, 214,
api).
La poetessa riflette poi su aspetti imperscrutabili della
natura (es. l’essenza del fiore, 1058). Il bestiario di E. D.,
oltre che di animali simbolici come appunto l’ape, simbolo di
laboriosità, il ragno (l’artefice, la donna), il topo e la serpe
(l’oscurità), si compone anche di creature fiabesche come elfi,
folletti, sirene, angeli. Presenti anche molti esemplari di volatili
dell’ornitologia americana, rintracciabili nell’opera del
naturalista e pittore Audubon: la ghiandaia, il pettirosso, la
civetta, il caprimulgo. Due liriche bellissime che includono questo
tema sono la 182 (pettirossi) e la 128. Vedi anche la 161
(caprimulgo).
Carla Combatti
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